BANCAROTTA PREFERENZIALE O PER DISTRAZIONE?
Bancarotta preferenziale o per distrazione?
A cura dell’ Avv. Luca Monaco
Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza n. 48017/2015
L’ amministratore che preleva i propri compensi arretrati dalla società fallita commette il reato di bancarotta preferenziale o di bancarotta fraudolenta per distrazione?
E’ il quesito al quale ha risposto la Suprema Corte con la sentenza in commento.
La vicenda vedeva imputato l’amministratore di una società fallita che, a seguito della nomina del liquidatore, aveva ricevuto da quest’ultimo alcuni assegni a titolo di pagamento di compensi e rimborsi a lui dovuti per il lavoro precedentemente prestato, quando la società non versava ancora in uno stato di insolvenza.
La Corte di Appello, confermando la sentenza di primo grado, condannava l’imputato per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione.
Questi, pertanto, proponeva ricorso per cassazione, censurando, tra gli altri motivi di gravame, le determinazioni dei Giudici di merito, e contestando in particolare, per quanto attiene ai risvolti ermeneutici che interessa evidenziare nella presente esposizione, la sussumibilità dei fatti nell’ipotesi delittuosa di bancarotta fraudolenta per distrazione invece della meno grave fattispecie di bancarotta preferenziale, ex art. 216 comma 3 L.Fall..
Prima di proseguire nella disamina analitica della sentenza in commento, è opportuno porre una premessa sulle diverse ipotesi di reato di cui ai commi 1 e 3 dell’ art. 216 Legge Fallimentare.
Il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione punisce la condotta dell’imprenditore che ha distratto i suoi beni allo scopo di arrecare nocumento ai creditori.
La diversa e meno grave ipotesi di bancarotta preferenziale, ex comma 3 art. 216 L.Fall., invece, punisce la condotta con cui l’imprenditore favorisce uno o più creditori in danno di altri, inficiando, in tal modo, la par condicio creditorum.
Pertanto, tale ultima fattispecie delittuosa presuppone l’esistenza di un elemento particolare e diverso rispetto all’ ipotesi della bancarotta fraudolenta per distrazione, rappresentato dalla volontaria violazione delle regole poste a tutela di un corretto ed equo soddisfacimento delle pretese creditorie.
Sul punto la Corte, nel dirimere la specifica questione sottoposta alla sua attenzione, ha anche precisato che non è rilevante, ai fini della distinzione tra i due diversi delitti, la sussistenza della qualifica di amministratore o di liquidatore della società, che invece potrà avere la propria valenza in sede di commisurazione della pena.
Né risulta determinante la preesistenza di una delibera degli organi della società che abbia formalizzato il riconoscimento del compenso successivamente corrisposto; ciò in quanto, a giudizio degli Ermellini, tale diritto al compenso discenderebbe direttamente anche dall’art. 36 Cost..
Ciò che invece rileva, secondo il Collegio di legittimità, è la congruità delle somme che l’amministratore ha prelevato dalle casse sociali rispetto all’ attività prestata.
Qualora, infatti, si dimostrasse che tali somme fossero pressoché conformi alla media di quanto percepito per gli stessi compiti da amministratori di società analoghe o che, comunque, fossero congrue rispetto all’ attività prestata in concreto dall’ amministratore, non sarebbe ravvisabile un indebito vantaggio in quanto le stesse rappresenterebbero il giusto corrispettivo economico dell’attività professionale svolta, con la conseguenza che il loro prelievo avrebbe costituito “soltanto” un atto di preferenza di un credito rispetto al soddisfacimento delle altre pretese creditizie, integrando dunque l’ipotesi della bancarotta preferenziale e non della bancarotta per distrazione